Tra le parole spese sulla scuola in campagna elettorale, quelle che hanno fatto più discutere sono quelle del segretario del Partito Democratico Enrico Letta che ha promesso di portare lo stipendio dei docenti italiani al livello delle retribuzioni europee in caso di vittoria.
“È una cosa che vorrei fortissimamente entro il 2027” ha spiegato, mentre per la Lega Nord nelle parole del sottosegretario uscente all’Istruzione Rossano Sasso, si è trattato solamente “di una promessa da campagna elettorale per comprare la dignità degli insegnanti”.
La domanda allora è: la proposta è davvero fattibile? E quanto porterebbe in più nelle tasche dei docenti italiani?
La più grande differenza tra gli stipendi italiani e quelli dei colleghi europei si ha con l’avanzare della carriera. Secondo un’indagine dell’istituto Euridyce dopo 10 anni di carriera i docenti italiani (di ogni ordine e grado) accumulano un divario di quasi 8mila euro.
A fine carriera il gap può spingersi fino ai 10mila euro annui, mentre nei primi anni non supera i 4mila euro di differenza.
Questo si collega al problema della lentezza con cui gli scatti di stipendio avvengono in Italia. Sono necessari infatti 35 anni di lavoro per raggiungere in Italia il massimo dello stipendio. Dunque anche questa, secondo promessa, dovrebbe essere un’area di intervento.
Quanto costerebbe allo Stato?
Considerando che lo scorso anno in Italia il numero di docenti è stato 684.317 unità, un rapido calcolo porta a prevedere un aumento di spesa per gli insegnanti di almeno 5 miliardi di euro annui.
Difficile crederlo fattibile e inoltre con gli aumenti si potrebbe aprire un ulteriore problema.
I docenti italiani, che in questo momento sono in fondo alla classifica degli stipendi della Pubblica Amministrazione, con 6mila euro di differenza rispetto alla media, diventerebbero una delle categorie più pagate, innescando un'inevitabile spirale di richiesta di aumenti di stipendio.
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