Sono ben seimila i docenti della scuola primaria che avevano fatto ricorso contro la sentenza che nel 2017 ha dichiarato il loro titolo di studio non più abilitante, se ottenuto dopo il 2002, quando per insegnare è diventata obbligatoria la laurea in Scienze della formazione.
Ora il loro ricorso è stato rigettato definitivamente: tutti questi docenti dovranno rinunciare al posto fisso (ottenuto con riserva) per tornare a fare i supplenti. L’unica soluzione per chi è risultato idoneo al concorso straordinario del 2018, è accettare la cattedra in un’altra provincia.
Nei giorni scorsi l’Anief regionale ha portato le istanze dei diplomati magistrali davanti al presidente Luca Zaia, presentando un documento che sintetizza la vicenda e chiedendo alla Regione di mediare con il governo centrale per riaprire le Gae ai precari storici e scongiurare il licenziamento di chi aveva ottenuto il posto fisso.
Il licenziamento di tutti questi docenti causerà chiaramente problemi a ruota. Si ripresenta il problema della continuità didattica, e delle cattedre scoperte: una difficoltà con cui dovranno fare i conti i presidi delle scuole.
“Ritrovarci a breve con quasi un insegnante precario ogni tre in organico – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – rappresenta il fallimento della politica del reclutamento italiano dei docenti. Una resa delle armi che ha origini lontane, non certo nell’attuale governo. Avere eluso sistematicamente le indicazioni provenienti da vent’ anni dalla Commissione europea, a partire dalla Direttiva numero 70 del 1999 sulla prevenzione dell’abuso di precariato, ha prodotto un quadro che parla da solo”.
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