Interpelli scuola 2025: analisi di un fenomeno in crescita tra professionisti e improvvisati

di: Angela Mantovani - 08/10/2025

La scuola italiana vive una stagione inedita nella ricerca di supplenti. Con l’introduzione degli interpelli scuola, le istituzioni pubblicano veri e propri “bandi lampo” per coprire le cattedre vacanti. Ma a rispondere, sempre più spesso, non sono solo insegnanti qualificati: tra i candidati compaiono baristi, manager d’azienda e persino casalinghe autodefinite “Family CEO”.

Dalla cattedra al bancone (e ritorno)

Nei gruppi dedicati e negli albi online delle scuole, le candidature più curiose non mancano.
C’è chi ha lasciato il bar per provare a insegnare storia, chi ha gestito un team aziendale e ora si propone per matematica, e chi — come molte madri di famiglia — rivendica esperienze “educative” maturate tra compiti e merende pomeridiane.

Una dirigente scolastica di Milano racconta:

“Abbiamo ricevuto oltre 400 candidature. Tra queste, un buon 20% non aveva alcuna attinenza con l’insegnamento. Alcuni profili erano… creativi, diciamo così.”

La nuova frontiera del reclutamento

Gli interpelli nascono per velocizzare le chiamate dei supplenti, ma stanno diventando anche uno specchio del mercato del lavoro italiano: sempre più fluido, precario e in cerca di stabilità.
Molti candidati fuori settore vedono nella scuola un approdo sicuro o una seconda chance professionale. Il risultato? Una marea di CV che le segreterie devono vagliare in tempi record — spesso scoprendo che i titoli richiesti non ci sono.

Tra ironia e preoccupazione

Il fenomeno fa sorridere, ma pone domande serie:

  • Fino a che punto è accettabile allentare i requisiti pur di coprire una cattedra?

  • Che impatto ha tutto questo sulla qualità della didattica?

Dietro le candidature “improbabili” si nasconde un’Italia che cerca lavoro ovunque — anche tra i banchi di scuola — ma anche un sistema che fatica a valorizzare chi ha davvero competenze didattiche.

La scuola come specchio del Paese

La stagione degli interpelli ha mostrato che la scuola, oltre a essere luogo di formazione, è anche un termometro sociale. E se oggi tra i candidati troviamo baristi, manager e “Family CEO”, forse è perché la crisi del lavoro e la ricerca di senso passano sempre più spesso da un’aula scolastica.