Nel mondo della genitorialità esistono fatiche di cui si parla poco. Alcune sono silenziose, costanti, invisibili agli occhi degli altri. È il caso del burnout nei genitori di bambini nello spettro autistico: è una condizione profonda , spesso taciuta, che colpisce chi si prende cura ogni giorno, senza sosta.
Il burnout genitoriale è molto più di una giornata pesante o una notte insonne. È una condizione psicofisica che nasce dallo stress cronico e prolungato, e che svuota chi la vive di energie, di pazienza, di capacità di affrontare la quotidianità.
Per i genitori di bambini autistici, questo carico è amplificato. Ogni giornata è una prova: crisi da contenere, terapie da organizzare, ostacoli comunicativi, giudizi esterni, notti difficili, appuntamenti continui. Una presenza costante e attiva, 24 ore su 24.
Molti genitori raccontano di sentirsi inadeguati, anche quando danno il massimo. Provano un amore immenso, ma si trovano spesso a fare i conti con emozioni contrastanti:
Colpa: per non riuscire a essere sempre pazienti, sempre positivi, sempre presenti.
Impotenza: di fronte a comportamenti che non si riescono a decifrare o gestire.
Frustrazione: per l’assenza di supporto concreto, per istituzioni lente, per famiglie che non comprendono.
Solitudine profonda: perché in pochi possono davvero capire cosa significhi vivere in costante stato di allerta.
Vergogna: per pensieri che non si vorrebbero ammettere nemmeno a sé stessi, come il desiderio di “staccare”, anche solo per un’ora.
Ansia: quella cronica, che si insinua nelle piccole decisioni, negli imprevisti, nei timori per il futuro.
Questi stati d’animo non sono patologici, ma umani. Tuttavia, quando si protraggono nel tempo senza spazio per l’elaborazione e la cura, diventano terreno fertile per il burnout.
Il burnout può esprimersi in modi diversi, più o meno evidenti:
Esaurimento emotivo: sensazione di “non farcela più”, anche per piccole cose
Distacco affettivo: difficoltà a provare gioia o tenerezza nei momenti di relazione
Perdita di motivazione: smarrimento del senso del proprio ruolo
Irritabilità crescente: reazioni sproporzionate, difficoltà a mantenere la calma
Isolamento: evitare relazioni sociali per mancanza di energie o vergogna
Pensieri negativi: convinzioni ricorrenti di fallimento, inutilità, incapacità
È una condizione che non si “vede”, ma si sente. E proprio per questo è importante parlarne senza giudizio, dando spazio al vissuto autentico di chi ogni giorno lotta per il benessere del proprio figlio.
Molti genitori sviluppano un senso del dovere talmente assoluto da negarsi qualunque forma di respiro. Come se concedersi una pausa fosse egoismo. Come se chiedere aiuto fosse ammettere una sconfitta.
Ma la verità è un’altra: nessuno può dare se stesso per sempre senza ricevere nulla in cambio. Anche il genitore più forte ha bisogno di essere ascoltato, contenuto, sostenuto. Anche chi si prende cura ha diritto alla cura.
Riconoscere il proprio burnout non significa fallire come genitore. Significa scegliere di essere lucidi, presenti e più consapevoli, anche nelle fragilità.
Ecco alcune strade possibili per affrontare il burnout:
Condividere il carico con chi è disposto ad aiutare, senza vergogna
Partecipare a gruppi di ascolto per genitori di bambini autistici
Cercare supporto psicologico specializzato in stress genitoriale
Coltivare spazi personali, anche piccoli, dove tornare a sentirsi sé stessi
Smettere di confrontarsi con genitori “perfetti” sui social: ogni storia è unica
Il burnout genitoriale è una realtà. Non è una colpa, non è una vergogna, non è una debolezza. È la prova di quanto amore e dedizione siano messi in gioco, ogni singolo giorno.
Ma l’amore, per essere sano, ha bisogno di equilibrio. Un genitore che si sente visto, accolto, supportato sarà anche più capace di sostenere il proprio figlio, con energia, con lucidità e con cuore aperto.
Se stai vivendo tutto questo, non sei solo. E soprattutto: meriti di essere ascoltato.