Un episodio curioso, ma significativo, sta facendo discutere il mondo della scuola. Durante la correzione di un compito, il professore e scrittore Enrico Galiano si è accorto che uno studente aveva copiato un testo generato da ChatGPT, dimenticandosi però di eliminare il prompt iniziale.
Un errore che ha fatto subito capire l’origine del testo. Galiano ha raccontato l’episodio sui social, senza fare nomi né fornendo dettagli personali, ma stimolando un dibattito ampio, tra insegnanti, genitori e utenti online.
Nella sua riflessione, il docente non si è limitato a denunciare l’utilizzo scorretto dell’AI, ma si è messo in discussione. “Colpa mia, se uno studente si riduce a copiare e incollare un testo generato da una macchina, forse è perché il compito non era abbastanza coinvolgente”, scrive. La sua proposta? Eliminare i compiti a casa e svolgerli tutti in classe, per restituire autenticità e relazione al momento educativo.
Un'idea che ha raccolto molti consensi: diversi insegnanti hanno commentato lodando l'onestà di Galiano e condividendo l’idea che i compiti ripetitivi e meccanici non aiutino a sviluppare pensiero critico o autonomia.
Tra i tanti commenti, non sono mancate le battute ironiche sull’ingenuità dello studente. Ma molti hanno colto l’occasione per riflettere più a fondo. Un genitore ha scritto: “Spero che voi insegnanti diventiate esperti in intelligenza artificiale. Così potete anche insegnare ai nostri figli come usarla bene. Perché nei lavori del futuro sarà fondamentale”.
Altri insegnanti, invece, hanno segnalato come l’uso dell’AI sia ormai così diffuso da rendere difficile distinguere tra testi autentici e generati. Alcuni hanno anche espresso il timore che strumenti come ChatGPT stiano rendendo più difficile valutare realmente le competenze degli studenti.
Il caso dello “studente distratto” con il prompt dimenticato non è solo una nota di colore. È un campanello d’allarme. Ci dice che non basta più vietare l’uso di ChatGPT, o chiudere gli occhi davanti a come gli studenti studiano e producono testi oggi.
La vera sfida educativa, forse, è accettare che l’intelligenza artificiale non sia una scorciatoia da reprimere, ma un linguaggio da comprendere e insegnare. Non si tratta di premiare chi bara, ma di cambiare prospettiva: rendere i compiti davvero formativi, costruire ambienti di apprendimento dove il pensiero personale sia ancora riconoscibile, valorizzare la presenza in aula come momento insostituibile.
Perché il vero problema non è l’uso della tecnologia. Il vero problema è quando uno studente – davanti a una richiesta scolastica – non sente più il bisogno di metterci niente di suo.