Riforma scuola, giornata decisiva per evitare il taglio delle cattedre. Salva la carta docenti, ma il bonus potrebbe diminuire.

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Riforma222006

Il lungo iter legislativo della riforma scolastica vivrà oggi una giornata decisiva. Già da questa mattina sono in corso colloqui tra il governo e le forze di maggioranza per trovare un’intesa che soddisfi o per lo meno conceda qualcosa alle parti in causa. Il decreto legge arriverà poi in Senato alle ore 17.00.

Raggiungere un’intesa è complicato, con le centinaia di emendamenti che hanno rallentato il processo di approvazione del decreto nelle ultime settimane e il forte interesse politico sulla questione innalzato dallo sciopero nazionale dello scorso 31 maggio. 

“Stiamo lavorando con il Parlamento in reciproco rispetto e totale leale collaborazione istituzionale, si troverà la soluzione migliore per il paese” ha detto a Radio 24 il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi.  

Riforma docenti, i punti della discussione 

La votazione di venerdì scorso si era arenata sul maxi emendamento che prevedeva interventi di varia natura per evitare il taglio di quasi 10mila cattedre, voluto per finanziare i premi della formazione continua dei docenti.  

Numericamente si parla di tagli per 1.600 posti dall’anno scolastico 2026/2027, e poi 2.000 posti ogni anno fino al 2030/2031. Per evitare il taglio servirebbero 380milioni di euro, troppi secondo il Ministero dell’Economia e la Ragioneria dello Stato.

Altri temi di discussione in queste ore sono l’istituzione di percorsi abilitanti per tutte le categorie di insegnanti, l’allungamento della fase transitoria per superare il precariato storico e la riapertura delle graduatorie di merito degli idonei nei concorsi.  

Non dovrebbe essere invece un problema mettere nero su bianco l’eliminazione dei test a crocette dalle prove scritte dei concorsi scuola. C’è la volontà delle forze politiche e anche il ministro Bianchi si era già detto favorevole a riguardo.  

Salva, almeno per il prossimo anno scolastico, la carta del docente. Si sta discutendo però su un taglio che la porterebbe da 500 a 370 euro. E sulla decisione a riguardo pesa anche la sentenza della Corte di Giustizia europea che l’ha riconosciuta anche ai precari, comportando un ulteriore esborso economico per lo Stato 


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